È giusto consentire la pesca nelle aree protette?



Lyme Regis, villaggio inglese con meno di 4.000 anime, affacciato sul canale della Manica, è ben noto nella comunità scientifica per gli straordinari fossili giurassici che si trovano nei suoi paraggi. Ora il piccolo paese britannico potrebbe appuntarsi un’altra stella sul petto, per il suo ruolo pionieristico in una disciplina che ha a che fare non con animali morti nel passato, ma con quelli vivi nel presente, e che stiamo tentando di preservare per il futuro.

Un test controcorrente. Come raccontato in uno studio pubblicato sul Journal of Applied Ecology della British Ecological Society Lyme Regis sta infatti sperimentando da anni una gestione delle sue aree marine protette molto diversa da quella che viene applicata nel resto del mondo, che sta portando risultati migliori, in termini di conservazione, di tanti altri metodi considerati più sicuri ed efficaci. Inaspettatamente, la pesca è una parte integrante di questa strategia.

Tra i tanti obiettivi che ci siamo posti per i prossimi anni, se vogliamo fare qualcosa di positivo per il pianeta e per noi stessi, c’è quello di proteggere sempre più efficacemente i mari e gli oceani della Terra; e uno dei progetti più ambiziosi in questo senso è 30×30, che punta a trasformare il 30% degli oceani mondiali in aree protette.

Qualche problema… La strada verso il traguardo, però, è lastricata di problemi, e il più ovvio è l’inevitabile attrito con le necessità della pesca commerciale: è difficile proteggere un terzo del pianeta quando (secondo la FAO) in un terzo delle aree dedicate alla pesca si opera in overfishing. Non solo: studi recenti hanno dimostrato che le salvaguardie applicate in molte aree protette sono un’illusione, e non provocano vantaggi tangibili alle specie sotto tutela. Cosa c’entra in tutto questo Lyme Regis, che è (anche) un villaggio di pescatori?

A Lyme Regis è in corso da anni un esperimento involontario di convivenza tra esigenze economiche e necessità di conservazione. Una vasta fetta della baia di Lyme, sulla quale si affaccia il paese, è stata infatti dichiarata off limits per una serie di pratiche di pesca notoriamente distruttive (lo strascico su tutte); la pesca “sostenibile”, invece, per esempio quella con trappole statiche appoggiate sul fondale per catturare le aragoste, è consentita. Il team dell’università di Plymouth che ha condotto lo studio ha monitorato le acque della baia di Lyme ininterrottamente negli ultimi 11 anni, e ha scoperto che vietare certi tipi di pesca ha vantaggi enormi, di molto superiori ai danni causati dalla pesca consentita.

I risultati. Tutte le specie marine locali, anche quelle che vengono pescate regolarmente,…



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